Europa Sfig – All’Inter le chiacchiere stanno azero

La fame di Livaja: “Voglio un sandwich”

Dal nostro inviato a Neftçi – “L’altra volta ti sei lamentato? Vabbè, ti accontento, stavolta ti tocca l’Inter”. Il Direttore non è solo illuminato, è proprio magnanimo. Lo sa benissimo che non vedo l’ora di seguire l’Inter in Europa League. Più depresso di me c’è solo il Mar Caspio. “Ecco bravo, proprio là devi andare, l’Inter gioca contro il Nefc… Netfc… Neccctif… insomma contro una squadra di quel Paese lì”. Quel-Paese-lì è l’Azerbaijan, nientemeno. La capitale è Baku, dove è nato Gary Kasparov, lo scacchista. Perciò penso a uno scherzo: qui non giocano a calcio, dai, non è possibile. Invece dicono che ci sono addirittura cinque squadre di calcio a Baku. Una si chiama Inter. Ed è proprio lì che l’Inter(nazionale) gioca in coppa, in un posto dove il padre del Direttore, già autore di un memorabile De bello pallico, pare aspirasse al suicidio dopo poche ore di permanenza.

Direte “e che ci faceva lì Oliva senior?”. Roba di petrolio. E infatti ha un figlio inquinante. Per questo Moratti tutto sommato era soddisfatto: “Neftctcttiiccft… Neccifit… Nefticicinf… Petrolio? Bene, bene”. L’Inter giocava nello stadio Tofiq Bahramov, intitolato a un guardalinee. Quello che nel 1966 convalidò il gol fantasma di Hurst in Inghilterra-Germania. C’era pure Hurst all’inaugurazione dello stadio, sul serio. Appena dico agli steward che che sono italiano, dimostrano di aver imparato la lezione del loro idolo calcistico nazionale: “Il gol di Muntari non era dentro”.
Bene, le cose si stanno mettendo alla grande, mi dico mentre vedo che l’Inter è scesa in campo con Coutinho, Livaja e Obi davanti. Ulteriore conferma: non può essere una partita di calcio. E invece pare che Stramaccioni, che in omaggio al luogo si è cosparso i capelli di pece, abbia voluto preservare i titolari in vista del derby. Che pensiero carino. Con il Milan di questi tempi, vincerebbe comunque a mani basse. Cioè con quelle di Coutinho. Che segna di tacco. Poi raddoppia Obi. Chiude Livaja. Quelli del Nef… ehm del Baku giocano con la maglia del Siena e segnano il 3-1, con Silvestre in difesa più immobile dell’omonimo Pino. E intanto dicono che si è trattato davvero di una partita di calcio.

Me ne vado infreddolito travolto dalla brezza del Mar Caspio, nota nell’ambiente meteorologico come “la corrente più salata dopo quella dell’Enel”. Da quelle parti temono di più Gazprom. Per scaldarmi mi sarebbe bastato un tridente diverso da Coutinho-Obi-Livaja. Nello stesso stadio, nell’arco di venti giorni, ci sono i concerti di Jennifer Lopez, Rihanna e Shakira. Sempre perché poi il Direttore dice che mi lamento…

Giorgio Caccamo

@giorgiocaccamo

Europa Sfig – L’Inter russa

Dal nostro inviato a Inter, Lorenzo Lamperti – Altro che provinciali, i nerazzurri non riescono manco a essere comunali. 4 partite a San Siro e 0 vittorie per la banda Stramaccioni, che di Internazionale ha davvero ben poco. Arrivo a San Siro dopo il consueto alcol test (nel senso che senza tre negroni a me e Rubers Bentoglio non ci fanno entrare) e mi accomodo in tribuna bello allegro. Cosi’, quando vedo quella bella pelata lucida sulla fascia destra penso: “Grazie Dio, e’ tornato Maicon”. Dopo 17 minuti mi accorgo che e’ Jonathan. Sara’ per questo che mi reco nella sempre pulitissima toilette dello stadio per improvvise esigenze fisiologiche.

Torno al mio posto e vedo un’altra pelata, quella di Cambiasso stavolta, porgere a Livaja il pallone del pareggio. Decido di non gioire per un non molto diffuso senso del pudore. Il Rubers Kazan mi evoca bei ricordi. Innanzitutto la mia laurea, visto che ho preso il certificato della disoccupazione proprio il giorno prima di Inter-Rubin dicembre 2009. E poi ovviamente perche’ quello era l’anno del Triplete. Peccato che questo sia l’anno del Triplete della Juventus. Cosi’ non mi godo neppure le puntuali chiusure difensive di Samuel e Ranocchia, le magistrali geometrie di Gargano e i dribbling funambolici di Pereira. Ah gia’, neppure il pareggio di Nagatomo. Nel frattempo Sneijder e’ in panchina, Palacio in tribuna, Milito entra a poco dalla fine. E poi dicono che noi all’Europa League ci teniamo. Che nostalgia di Maicon, che malinconia di vincere, che mal d’Uefa.

Il Signore del 3. Anello – Primavera a chi?

Lo chiamano scudettino. Va bene, chiamatelo così. Però, per favore, non dite più che Longo è un Primavera. Longo, classe 1992, ha appena regalato il titolo giovanile alla seconda squadra di Milano. Tripletta monstre al Milan in semifinale, bellissimo gol nella finalissima con la Lazio. Fisico, tecnica, corsa, intelligenza tattica. Il repertotio di Longo è importante, di primo piano. In prospettiva può diventare davvero un giocatore importante.

Se ne sono accorti tutti, anche all’Inter. E allora perché si sente dire che Longo potrebbe andare via? Forse al Genoa per andarsi a riprendere un altro talento nerazzurro dato via troppo presto, Mattia Destro. Vale davvero la pena farlo emigrare, anche solo in comproprietà, per ritrovarsi poi a doverne ricomprare mezzo (o tutto) cartellino? Avrete capito che secondo me la risposta è no. Teniamocelo noi e facciamolo giocare. Perché in Italia un ventenne bisogna darlo via per farlo crescere? Sarà sempre meglio di quel topino di Zarate o di quel rottame di Forlan o no? E poi uno che segna tre gol alla quarta squadra di Milano…

Lorenzo Lamperti

@LorenzoLamperti