La Cina è vicina: cinque motivi per seguire la Chinese Super League

Perché abbiamo atteso troppo per il riscatto di Pato.

Promessa, fenomeno, giocoliere, bomber, forse no però, scarso, fenomeno mancato, rotto, pupillo di Silvio, pupillo della figlia di Silvio, motozappa, venduto, pacco. Alexandre Pato si è presentato in Italia con una grande prestazione contro il Napoli, ha segnato un gol velocissimo al Camp Nou, contro il Barcellona di Messi etc., sembrava destinato a grandi cose. Poi qualcosa si è rotto, tipo i suoi muscoli. Troppo acerbo, cresciuto troppo in fretta. Galliani lo vende al City, ma Barbara B. fa bloccare la cessione al padre perché tra i due c’è del tenero. Da lì in avanti tra l’ex antennista e la figlia del capo non ci sarà affatto del tenero, mentre Pato alla fine se andrà lo stesso, restituito al Brasile come un pacco rotto, un oggetto difettoso. Finisce al Corinthians, che poi lo manda addirittura in prestito al San Paolo pur di disfarsene. Ne perdiamo le tracce e lo ritroviamo addirittura in Premier League, al Chelsea. Segna all’esordio dal dischetto, sesto brasiliano di sempre a fare gol in Inghilterra alla prima partita. Poi sparisce di nuovo e riappare in giallo, al Villareal: 14 partite e 2 gol, che bastano ai cinesi del Tianjin – allenati da Fabio Cannavaro – a sborsare 18 milioni di euro per accaparrarselo. Il Villareal, con riluttanza (eeeeh) accetta. Pato ha già esordito nella Chinese Super League a modo suo: tre occasioni nitide, tutte sprecate. Ma noi confidiamo in lui.

Perché un giorno compreremo la maglia dello Shanghai Shenhua.

A proposito di Pato. Nel vedere le immagini della gara del Tianjin abbiamo apprezzato la maglia del club. Bella, semplice elegante: bianca con risvolti rossi (abbiamo poi scoperto che è la seconda maglia, la prima è rossa con inserti bianchi), creata da un noto marchio di abbigliamento sportivo con il “baffo”. Ci piace – de gustibus – e decidiamo così di visitare il sito del club per informarci sull’acquisto: tempi e modi di consegna, prezzo, personalizzazione. Non ci risulta una versione in inglese, però. Se qualcuno conosce il cinese, ci aiuti. Discorso simile se qualcuno si dovesse svegliare la mattina con una pazzissima voglia di andare a correre, in palestra o al calcetto del giovedì con la casacca dello Shanghai Shenhua di Carlos Tevez. La versione inglese del sito del club non è raggiungibile al momento e quando ci siamo riusciti ad accedervi, circa un mese fa, non c’era alcuna possibilità di acquistare la maglia. Ci piacerebbe dunque sapere se i club cinesi hanno una benché minima intenzione di puntare sul marketing a livello globale e se contemplino la possibilità di avere ricavi commerciali, o di basarsi solo sugli enormi capitali delle aziende che li possiedono.  C’è da dire che in Italia abbiamo appena scoperto certe dinamiche, dalla Cina potrebbero superarci con agilità.
Perché qui stanno i big money (ma occhio alle esagerazioni).

Negli ultimi mesi le ricche aziende cinesi, spinte dal governo a puntare sul pallone, hanno messo sul piatto un pacco di soldi. Alimentando il mercato europeo – sono riusciti a convincere anche gente come Witsel, nazionale belga già sensibile ai petrorubli di Gazprom e in procinto di andare alla Juve – e di conseguenza la stampa, che ogni giorno quando c’è il mercato spara cifre pazzesche su fantomatiche trattative. Molti soldi sono stati spesi, ma c’è chi ci ha tranquillamente marciato su per un pugno di click in più. Anche perché i club cinesi non rendono note le cifre, sulle quali è così facile ricamare: di Tevez si è detto che è il più pagato nell’universo – compreso Trappist-1 – con 38 milioni di euro, ma i pochi si sono posti il dubbio che questo ingaggio possa essere quello totale (cioè spalmato su due anni di contratto), anziché puntare su golosissimi articoli come “Ecco quanti quadri di Picasso potrà comprarsi ora Tevez” (ma chi se ne fotte, scusate). Dunque sì, alcune cifre versate sui conti dei club europei sono state importanti, come i 60 milioni di euro al Chelsea per Oscar, ma occhio alle bufale in salsa cinese, ok?
Perché qui almeno un progetto c’è.

Mentre in Italia votiamo per il nuovo numero uno della Federcalcio, che molto probabilmente sarà il vecchio numero uno, in Cina c’è un governo che vede e provvede. Cosa lega le due cose? Il fatto che in Italia non si riesce quasi mai a fare sistema: la Lega di A è solo in pratica un bacino di voti, consensi e affari per alcuni club, mentre il calcio italiani prende bastonate sulla valorizzazione del brand. Tutte cose che dipendono da un governo centrale come quello del nostro pallone che non è che sia il massimo. Il governo di Pechino, invece, sta lavorando da mesi per fare del calcio un movimento unico, bilanciato tra aziende che investono e Stato che incentiva la popolazione con programmi scolastici e campi d’allenamento. Roba che in Italia si vede? No. E anche alcuni club europei stanno intravedendo possibilità: dal Manchester City che lo scorso anno cercava allenatori da mandare in Cina, all’Inter che grazie alla presenza di Suning sta aprendo scuole calcio: sono già tre le academy nerazzurre tra Pechino, Shanghai e Jangsu. L’obiettivo è far crescere il movimento e ottenere magari l’assegnazione della Coppa del Mondo (2026 o 2030, vedremo).
Perché sulla Cina c’è ancora molta ignoranza.

Usiamo il termine ignoranza non a caso, visto che quella declinata in termini calcistici oggi va molto di moda. In una delle pagine social dedicate al fenomeno, la famosa Calciatori Brutti, di recente è comparso un post che prende in giro il campionato cinese. L’occasione è quella di uno stadio vuoto in occasione della prima partita di campionato di una neo-promossa, il Guizhou Zhicheng. Sulla pagina fb in questione compare la foto dello stadio vuoto, accompagnata dal post che spiega che nonostante i milioni spesi, allo stadio vada pochissima gente. Niente di più falso. Come rivela Blog Calcio Cina, il campo della squadra di casa era semplicemente squalificato, per i festeggiamenti con annessa invasione di campo all’ultima gara giocata nello scorso campionato, quando il Guizhou aveva vinto e si era avvicinato in maniera quasi certa alla promozione. La tentazione dunque di ridurre a barzelletta qualcosa che conosciamo poco è sempre grande. Vedere qualche partita di campionato potrebbe farci ricredere, quantomeno sull’entusiasmo degli stadi cinesi, così lontani non solo geograficamente da molti dei nostri, per dire.

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