Another brick in the Bridge

Le cose per il Chelsea non stanno andando bene. I Blues di Londra hanno cambiato allenatore, prendendo il giovane e rampante portoghese Andrè Villas Boas, ex tattico di di Josè Mourinho all’Inter. Il cambio da Carlo Ancelotti all’ex allenatore del Porto, volto dal ricco patron russo Roman Abramovich, non sta però portando i risultati sperati. Sia in campionato, sia in Champions League, dove il Chelsea rischia di essere eliminato al primo turno. Ma le cose non vano meglio neppure fuori dal campo. Anzi, intorno. Abramovich le sta provando tutte per costruire un nuovo stadio che gli renda più profitti (il calcio, si sa, è un’attività a peredere, tra costo dei cartellini dei giocatori e relativi stipendi). Ma i tifosi non ne vogliono sapere di lasciare il glorioso Stamford Bridge.

Lo Stamford Bridge, attuale dimora del Chelsea

Lo scorso fine settembre, il club londinese aveva annunciato l’intenzione di presentare un’offerta per riacquistare quelle parti di stadio vendute ai tifosi nel 1990. La costruzione della tribuna East Stand aveva inguaiato economicamente il Chelsea, a tal punto che ci si era rivolti ai tifosi per avere un mano. Si costituì allora la Chelsea Pitch Owners,  un’organizzazione no-profit che possiede la proprietà fondiaria assoluta dello stadio e i diritti di denominazione del Chelsea Football Club. I tifosi, ingolositi dalla possibilità di poter giocare in uno stadio nuovo che possa fare concorrenza al bellissimo Emirates Stadium degli odiati rivali dell’Arsenal, avranno sicuramente accetato. E invece no: l’offerta russa ha avuto l’ok solo del 62% dei soci dell’associazione, ma per essere approvata necessitava  del 75% dei voti. I supporter dei Blues non vogliono lasciare The Bridge, come lo chiamano affettuosamente da più di 100 anni. Lo stadio fu inaugurato nel 1877, ma fino al 1904 ospitò gare di atletica leggera. Dopo l’acquisto da parte dei fratelli Mears, l’impianto fu proposto alla squadra del Fulham, che rifiutò. Fu così fondato un nuovo club, il Chelsea, che potesse usufruirne.

È indubbio che le vicissitudini del Chelsea siano legate a doppio filo con il suo stadio. Una voce, in particolare, sostiene che Abramovich decise di acquistare la società solo dopo aver visionato (e apprezzato) l’impianto dall’alto del proprio elicottero. Una volta acquisita la società londinese, il magnate russo si è prodigato a circondare la struttura con altri edifici utili dal punto di vista turistico: due hotel a quattro stelle, alcuni bar, tre ristoranti, un palazzo per le conferenze, il museo e il negozio ufficiale del club, parcheggi sotterranei e un centro benessere. E la struttura, che attualmente conta 41mila posti, è stata al centro più volte di idee di ampliamento. Il problema è che la zona in cui si trova (Fulham Road, parte nevralgica del centro di Londra) rende difficile qualsiasi intervento diretto. Così, ecco l’idea (che già circola dal 2008) di un nuovo impianto da 60mila posti. Ancora l’area del possibile nuovo stadio non è stata resa nota. Inizialmente era stata indicata quella del Battersea Power Station, la centrale elettrica dismessa nel 1983 e ‘protagonista’ della copertina dell’album Animals dei Pink Floyd. Il presidente del club, Bruce Buck, si è poi affrettato a spiegare che il nuovo impianto non sarebbe stato troppo lontano dallo Stamford, per venire incontro ai tifosi. Che al momento, comunque, non gradiscono.

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